Categoria: Stanze
Pagine: 112
Prezzo: € 12,00
Anno: 1999
Note: Con otto disegni dell’autore

«Devo citare quale occasione, accidentale ma decisiva, per la nascita di questo libro il catalogo di una mostra, Les Vanitées dans la peinture au XVII siècle (Caen, luglio-ottobre 1990), che ho avuto per la prima volta sott’occhio nel maggio 1991. Credo che non poche poesie che ho scritto in passato potrebbero bene accordarsi con queste qui raccolte; ma l’idea e il desiderio di fare un libro interamente ispirato alla vanitas si sono accesi a quei colori, hanno preso forma da quelle immagini. Che sono i colori e le immagini di Valdés Leal, Kalf, de Heem...».
Così scrive l’autore nella Postilla. Corollari delle vanità sono gli inferni, le Furie, gli addii, fino alle virtù e alle preghiere, in cui è diviso tematicamente il libro: insomma, Palmery ha fatto del repertorio umano, visto e vissuto attraverso le sue ossessioni, angosce e sarcasmi, un catalogo. E se il libro è il catalogo vorrà dire che la vita è la mostra, nella sua mortale ripetibilità… Ogni pensiero sul niente tuttavia porta con sé l’ironia della sua esistenza, ogni memento mori è un tributo alla vita: così, il fulgore della forma si riverbera, nel Giardino di delizie, sul niente che la insidia, come negli artifici della natura o, appunto, nelle tele secentesche, dove teschi e mosche, grappoli e coppe partecipano della stessa vitale radiosità.


da Giardino di delizie e altre vanità


Natura morta con ramo di quercia

Una reliquia del cielo, stillante
celesti acque: per questo lo abbiamo
sollevato da terra, troncato ramo
ai piedi della quercia, dopo il rapido
uragano, uscendo dalle calde stanze:
folto di foglie fradice e domani
inaridite o marcite, ora sul tavolo
il nocchiuto tralcio luccica tra altri
fatui splendori recisi da mani
umane: anemoni, viole, narcisi,
nasturzi: tagli di terra e cielo qui
riuniti per decorarci e dire – che cosa?
Una quercia ha perduto un ramo; un ragno
l’ombra, il riparo, cui non sa ancora
rinunciare e corre come impazzito ancora
ricorre a quella maceria che non ha
più vita propria – ma non è solo materia
che marcirà: lustro trofeo e contorta
corona ai caduti e a se stesso: docile
modello per questa natura morta.


Recensioni

LE VANITÀ DI PALMERY

di Edoardo Albinati

da «Pagine»

[...] Come Milton, Palmery è un poeta di scintille e fumo. Difficile scaldarsi alla sua poesia, nervina e capricciosa proprio quando parrebbe consigliare al suo lettore i montaigneschi sollievi della pazienza, i sorrisi di una luciferina rassegnazione; inutile cioè trattenersi accanto ad essa sperando di assorbirne il calore, poiché per sua natura la poesia di Palmery lampeggia, sfrigola, fumiga, scoppietta, come il tizzo in Inferno, XIII, o appunto come accade nelle pirotecnie più mentali che ottiche del poema miltoniano. [...]


GIARDINO DI DELIZIE E ALTRE VANITÀ

di Luigi Fontanella

da «Gradiva»

[...] Poesia pertanto speculare, delle «macerie», questa di Palmery, ma sono proprio esse a costituire – come viste dall’alto, in un unico, conglomerante abbraccio visivo – il Giardino di Delizie in cui (di cui) il poeta è chiamato a dare testimonianza con la sua parola essenziale e sontuosa, e con la sua vita esperita e sentita non altrimenti che come «lenta morte». Dunque poesia estrema (e in estremo), a petto della quale il rischio è l’afasia, o, per contro, appunto, il più sfrenato barocchismo d’accumulo, nel quale l’Opera può risultare un Gioiello Stellare e al contempo Vanità Totale. [...]


GIARDINO DI DELIZIE E ALTRE VANITÀ

di Fabrizio Patriarca

da «Pseudolo»

[...] Questo giardino di delizie di Palmery è infine un giardino in cui è quasi impossibile entrare. Più che conchiuso, esso è precluso. Ed anche penetrandovi, non è possibile respirare. In breve: è il giardino perfetto. 
Qualcuno però, ne ha da tempo chiarito il segreto: questo giardino è un teatro, e il suo inventore va posto a buon diritto, assieme a Sade, Fourier e Loyola, tra i «logoteti». Così Roland Barthes definiva i fondatori di lingue. [...]

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