Categoria: Spillature
Pagine: 32
Prezzo: € 5,00
ISBN: 9788889299586
Anno: 2008

Da anni Alessandro Contadini scrive poesie, coltiva come un fiore, secondo il precetto baudelairiano, la poesia in solitudine; per quanto imperiosa e incapace di proroghe, la sua poesia è cresciuta nella più gelosa segretezza.
Riduttivo e istrionico («Finché reggi tu poesiola mia / reggo io.»), ironicamente omerico, per quell’indulgere, in mitologie personali e familiari, al panneggio classico, piuttosto brandelli di trovarobato, con i suoi vocativi epici ridotti a un parlato da cucina («Andromaca mia bella»), senza mai arrivare allo sbuffo parodico, attento invece a trapassare di luce, a lavorare «a giorno», una materia buia e drammatica: così appare questo poeta tenacemente aggrappato alle sue ossessioni e che ha capito subito che si può salvare la retorica ferendola a morte, deciso a passare, anche rischiando grosso, «dal verbo della scrittura alla carne dell’oralità», per citare una sua giustificazione di poetica. In questa sua consapevolezza, nata alla prova dei nostri giorni, si intravedono in filigrana più antiche tutele: Rimbaud, Campana, per fare due nomi, i loro canonici sregolamenti, mondati però del côté pittoresco e inspirati nell’aria lieve e velenosa di Roma, in quest’aria romana, e pure romanesca, bella e terribile, che Contadini attraversa con familiare sovranità, rinnovando anche, e al meglio, una recente tradizione.

In copertina un dipinto di Bruno Ceccobelli


da Ogni lettera è metà nella luce


non volere tutto amore da me
che se troppo è mai abbastanza
ritorno al luogo di un’ispirazione
cielo fantasma di Roma d’estate
giardinetti pubblici d’Ecate
un godimento puerile di morte
offre questo verbo smangiucchiato
nel dolce sale di carni insaziabili
ma la memoria... pecca di sogni
all’osso del reale impossibile
fu per noi amarci anche se (pensi)
la colpa dovrà pur essere assegnata
chi mai avrebbe pensato chi
mai? l’amato e l’amante in doppio
mandante sfarsi? la solita solfa
creduta credibile pur ancora accaduta
ma comiche erano le nostre ferite
per amore odiavo me e te e
tutta la vita andata che mai ti ha
liberata dalle sue calde fasce

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